In questo blog si parla di fivet, di icsi, di pma insomma?
Mi sa di no.
Perchè questo è il blog del dopo, è il blog di un Topo "grande" e di un Patato arrivato in maniera semplice, senza interventi medici.
In questo blog la pma non c'è.
L'ultima volta che mi sono bucata, che ho assunto farmaci, che ho fatto un transfer (con gli ultimi due embrioncini congelati) era luglio 2016.
Esitò poi in una biochimica, la seconda della mia vita.
E lì decidemmo che basta.
Che avremmo fatto qualche tentativo "vecchia maniera" e anche basta.
Che comunque, con Topo, avevamo già vinto.
Poi abbiamo stravinto, ed è arrivato Patato.
Ma non è che se non fai più pma, o se non ne parli sul blog, la dimentichi.
Me lo chiedeva il Filosofo qualche giorno fa: ma ci pensi?
Sì. Ci penso.
E neanche a farlo apposta, ricevo una telefonata.
Da una collega. Le avevo spiegato, quando incredula le dissi che ero incinta di Patato, come mai tanto stupore e tanta meraviglia da parte mia.
Le avevo brevemente riassunto la mia storia di anni.
Le IUI, l'inferno vissuto a Lugo, e poi la resurrezione grazie al team di Bologna e tutto il resto.
E lei mi ha chiamata per dirmi che chi mi sta sostituendo in questa maternità...sta cominciando esami preliminari per la fivet.
A Lugo, tra l'altro.
E mi ha chiesto se mi dispiaceva parlarne con questa persona.
Dispiacermi? No. Affatto.
Intendiamoci, non gioisco al pensiero di un'altra donna che sta per affrontare quello che può essere davvero un lungo calvario.
Gioisco al pensiero di poter essere anche solo un minimo di aiuto.
Gioisco del fatto di aver parlato, di aver raccontato la mia esperienza e non essermi vergognata (oh, quanta vergogna causa l'infertilità, e quanta paura del giudizio il parlare di pma).
Perchè adesso il mio aver parlato può aiutare qualcuno.
O anche solo dare modo a qualcun altro di parlare, sapendo che chi ascolta SA di cosa parli e quindi non ti guarderà con tanto d'occhi e non ti dirà cazzate sul destino o su dio.
Io alla PMA ci penso ancora. Ci penso quando guardo i miei figli.
Quando Topo era piccolo spesso avvertivo come una specie di paura: che arrivasse qualcuno e mi dicesse "hey c'è stato uno sbaglio, tu non puoi essere madre".
Quando parlavo di lui temevo che qualcuno mi interrompesse con un: "guarda che lo sappiamo tutti che tu non dovevi aver figli e hai barato".
Che sensazione orrenda.
Così, mi sentivo.
Poi Topo è cresciuto, e prima ancora dell'arrivo di Patato questa sensazione orrenda si è stemperata del tutto ed è svanita.
ma non svanisce il ricordo. Il ricordo del dolore. Il ricordo della paura. Il ricordo della solitudine.
Non si attraversa l'inferno senza riportare qualche cicatrice.
La prossima settimana incontrerò questa donna, questa nuova guerriera, e spero di poterle offrire almeno qualche arma, e qualche scudo, per affrontare l'avventura che la aspetta.
Sto riflettendo su cosa dirle, anche se soprattutto intendo ascoltare. Credo però che la metterò in guardia su Lugo. Anzi, di questo sono certa. Quel posto è stato per me il fondo dell'inferno. Credo che di QUEL DOLORE, di QUELLE UMILIAZIONI io non mi scorderò mai.
E se posso evitarle a un'altra donna è mio dovere farlo.
venerdì 23 febbraio 2018
sabato 10 febbraio 2018
Sì. C'è due (figli) senza tre.
Prima di Topo, la
domanda dolorosa era: perché non/allora quando fate un figlio?
Un figlio “generico”, non per forza maschio come il sostantivo declinato lascia intendere.
Potevano chiedermi direttamente perché non mi ero ancora riprodotta, ecco.
Poi è arrivato Topo, e i commenti per fortuna /va beh dai sul suo avere il pene, fondamentalmente.
E la domanda: e la sorellina?
La sorellina. Sia chiaro. Mica un altro maschio.
Un figlio “generico”, non per forza maschio come il sostantivo declinato lascia intendere.
Potevano chiedermi direttamente perché non mi ero ancora riprodotta, ecco.
Poi è arrivato Topo, e i commenti per fortuna /va beh dai sul suo avere il pene, fondamentalmente.
E la domanda: e la sorellina?
La sorellina. Sia chiaro. Mica un altro maschio.
Che due maroni.
Il mio ciccioso
Patato ha fatto impazzire di gioia me e il Filosofo..ma non ha di
certo placato gli animi. Anzi.
Non più domande, ma
imperativi. Adesso ci vuole la femmina.
Ci vuole la femmina? Eppure non credevo di essere allo zoo, che devo avere per forza due esemplari.
Ci vuole la femmina? Eppure non credevo di essere allo zoo, che devo avere per forza due esemplari.
A quanto pare invece
è opinione comune che
1. io non possa
davvero essere contenta di due maschi
2. io abbia una
specie di album incompleto delle figurine.
Mi ripeterò, ma...che due maroni.
Mi ripeterò, ma...che due maroni.
Ma che discorsi del
cazzo sono?
Che poi, so che se avessi avuto i figli equamente distribuiti per sesso sarei stata considerata “ a posto”.
Che poi, so che se avessi avuto i figli equamente distribuiti per sesso sarei stata considerata “ a posto”.
Assurdo.
In ogni caso, maschio o femmina, il terzo figlio non ci sarà.
E’ una riflessione
che ho fatto.
Ricordo il parto di
Topo, ricordo il dopo parto e l’utin, e ricordo me stessa guardarlo
e pensare che avrei passato di nuovo tutto quell’inferno
volentieri, per un altro figlio.
Ricordo il parto di
Patato, tutto liscio, tutto da manuale.
E ricordo me stessa pensare che è stato meraviglioso, ma che non l’avrei fatto più.
E ricordo me stessa pensare che è stato meraviglioso, ma che non l’avrei fatto più.
E’ stato come un
“click” nella mia mente.
Non so perché.
C’è chesono mi sento troppo vecchia per ricominciare tra un anno o
due.
C’è che ho bisogno di fermarmi a godermi i miei figli che crescono e sento che IO non potrei farlo bene e come voglio se ricominciassi un’altra strada di maternità.
C’è che..c’è che è così che sento. E so che per me va bene così.
C’è che
C’è che ho bisogno di fermarmi a godermi i miei figli che crescono e sento che IO non potrei farlo bene e come voglio se ricominciassi un’altra strada di maternità.
C’è che..c’è che è così che sento. E so che per me va bene così.
Ho due colleghe a scuola, poco più grandi di me. Una con terza figlia piccola, una incinta ora.
Ho guardato
quest’ultima pancia, guardo ancora le pancione grandi grandi per
strada, e sento una specie di piccola fitta di nostalgia, ogni
tanto.
Quella sensazione di ricordo dolce che ha una punta di amaro perché, appunto, sai che per sempre sarà solo un ricordo. Ma un ricordo felice.
Non so come spiegarlo neanche a me stessa.
Sento che è così, che va bene così, e guardo con tenerezza le pance e penso tantissimo che sia bello pensare e poi avere e crescere un terzo o anche un quarto figlio.
Quella sensazione di ricordo dolce che ha una punta di amaro perché, appunto, sai che per sempre sarà solo un ricordo. Ma un ricordo felice.
Non so come spiegarlo neanche a me stessa.
Sento che è così, che va bene così, e guardo con tenerezza le pance e penso tantissimo che sia bello pensare e poi avere e crescere un terzo o anche un quarto figlio.
E’ un pensiero che
non fa male (che strano, per me, pensare a un eventuale figlio che io
non avrò, senza dolore. Che cosa nuova e bella), è un pensiero che
più che pensiero è sensazione.
Come se il mio corpo avesse deciso qualcosa che il cervello ha recepito ma non ha ancora catalogato bene a modo suo.
Come se il mio corpo avesse deciso qualcosa che il cervello ha recepito ma non ha ancora catalogato bene a modo suo.
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